martedì 22 giugno 2010

Siamo tutti di Colleferro (di Albano e di Malagrotta) contro gli inceneritori

Riceviamo, pubblichiamo e convintamente aderiamo.

COLLEFERRO - PIAZZA ITALIA
SABATO 26 GIUGNO - ORE 11.00
ASSEMBLEA PUBBLICA AUTOCONVOCATA


16/06/2010 ennesimo sequestro di CDR nel piazzale antistante gli inceneritori.

Una vera associazione a delinquere e non qualche mela marcia come tentano di raccontarcela in coro i deputati Moffa e Carella,il sindaco Cacciotti e gli indifferenti rappresentanti sindacali. A chi dice che i controlli funzionano rispondiamo con i fatti: sono quelli del NOE a tutelarci, né l’azienda né tantomeno i vantati controlli del Sindaco.
A seguito dei noti fatti del marzo 2009 - sequestro degli inceneritori per aver bruciato rifiuti tossici e nocivi - sono stati rinviate a giudizio 25 persone in 8 diverse province.

I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere a frode al gestore dell’energia per 43,5 milioni di euro, da trasporto illecito di rifiuti a accesso abusivo a sistemi informatici, da violazione dei valori limite delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni a favoreggiamento personale e vessazioni su dipendenti.

A finire nei guai, oltre al direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti , Paolo Meaglia, sono tutti i dirigenti del consorzio: il commissario Lolli il suo vice Perasso il direttore del personale Daniele Adamo il direttore tecnico Marino Galuppo e Stefania Brida, tutti ancora pagati dai cittadini con circa 2 milioni di euro l’anno nonostante abbiano causato, in concorso con altri, una perdita societaria di oltre 300 milioni di euro riempiendo di debiti e di veleni il futuro dei nostri figli. Tra gli altri imputati un dirigente dell’Ama; soci e amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di laboratori di analisi.

Non si sono fermati nel 2005 dopo l’arresto del padre padrone di Gaia R. Scaglione, non si sono fermati con i vari amministratori che si sono succeduti tra il 2006 e il 2007, non si sono fermati neanche nel 2008-2009 nonostante la piena attività investigativa dei carabinieri del NOE , non si sono fermati successivamente agli avvisi di garanzia (le intercettazioni lo provano) e neanche successivamente al rinvio a giudizio prova ne è il sequestro di questi giorni.

E mentre si discute e si indaga passa in secondo piano la questione più importante, quella della nostra salute, della qualità sempre peggiore dell’aria che respiriamo.

Per questo motivo un monito va al sindaco di Colleferro, dal quale dipendono in gran parte le sorti degli inceneritori e la salute pubblica. Gli ricordiamo ancora una volta che la differenziata, quella vera, con la raccolta porta a porta dell’umido, va fatta per legge. Continuare a tacere e a nascondere responsabilità oggettive lo renderà complice. Ostinarsi a portare avanti il progetto della raccolta stradale con i cassonetti, che nella migliore delle ipotesi farà arrivare la differenziata al 15-20%, lo renderà responsabile alla stregua di politici, dirigenti, e faccendieri di gravi reati ambientali ed amministrativi legati al traffico e all’incenerimento di rifiuti.

> Per la chiusura degli inceneritori
> Per l’avvio di un piano straordinario di raccolta differenziata in ottemperanza della norma
> Per il licenziamento dei responsabili del disastro ambientale ed economico del Consorzio GAIA

Cittadini, associazioni e movimenti della valle del Sacco, che si battono per la difesa del territorio e che si oppongono alle nocività, si autoconvocano per discutere della gravissima situazione degli inceneritori di Colleferro.

venerdì 18 giugno 2010

Colleferro-Malagrotta-Albano: il 18 la magistratura processa Cerroni

Perché la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” ha reso omaggio (riservandogli un’audizione) al signor Cerroni, imputato di gravissimi reati connessi proprio con la gestione dei rifiuti ?

Mentre la “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” si inchina al signor Cerroni, la magistratura lo processa per attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Infatti, il 18 giugno 2010 si terrà nell’aula 19 del Tribunale di Roma alle ore 9.30 l’udienza del processo a carico dell’ing. Francesco Rando, Amministratore unico della discarica di Malagrotta, di proprietà del signor Cerroni.

Come è noto, l’Ing. Rando ha già subito due condanne definitive passate in giudicato per la gestione della discarica di Malagrotta, di proprietà del signor Cerroni.

Pubblichiamo le imputazioni a carico dell’ing. Rando, che nel prosieguo chiameremo ing. Cerroni, che non leggerete su alcun giornale.

L’ing. Cerroni è imputato dei seguenti reati:
“….effettuava smaltimento di rifiuti pericolosi nella discarica di Malagrotta, non autorizzata per tali rifiuti…”;
“… classificava e trattava come rifiuto speciale i rifiuti da classificare, invece, come pericolosi e li smaltiva sistematicamente entro la discarica di Malagrotta non autorizzata per il trattamento di detti rifiuti…”;
“…in assenza di autorizzazione effettuava miscelazione di rifiuti non consentita (fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle acque reflue ACEA di Roma)…”;
“…falsa attestazione nei registri di carico e scarico e alle autorità preposte al controllo della natura, della composizione e delle relative caratteristiche chimico-fisiche…”;
“…effettuava sistematicamente scarichi delle acque reflue industriali provenienti dalla discarica di Malagrotta contenenti sostanze pericolose, in assenza di qualsiasi autorizzazione, immettendole nel fosso di Santa Maria nuova, affluente del Rio Galeria…”;
“…inquinava con la immissione di sostanze pericolose le acque del fosso di Santa Maria nuova, affluente del Rio Galeria…”.

L’ing. Cerroni è accusato, insieme ai responsabili degli inceneritori di Colleferro (Lolli e Torti), di aver destinato a tali inceneritori rifiuti classificati come CDR (Combustibile da Rifiuti), CDR non conforme ai requisiti previsti dalla legge.

Anche l’ing. Cerroni è, quindi, coinvolto nello scandalo degli inceneritori di Colleferro, gli inceneritori che hanno bruciato di tutto !!!

Sono, quindi, smentite le dichiarazioni rese da Marrazzo che il 29 ottobre 2008, accompagnato dal suo assessore Di Carlo, affermava alla Commissione Ambiente della Regione Lazio: “Il Lazio presenta da oltre 10 anni una situazione di mercato stabile con società ed imprenditori facilmente individuabili, sia pubblici che privati, che hanno dato garanzia di affidabilità sia per il servizio reso che per le azioni poste in essere per garantire la salvaguardia dell’ambiente”.

Dopo queste dichiarazioni “irresponsabili”, è successo di tutto:
- l’inceneritore di Malagrotta è stato sequestrato dalla magistratura,
- il responsabile della discarica di Malagrotta è stato condannato ad un anno di carcere per aver smaltito in discarica rifiuti pericolosi come i fanghi di depurazione provenienti dall’ACEA,
- 13 persone, tra cui dirigenti dell’AMA, sono state arrestate per le gravi irregolarità verificatesi nell’inceneritore di Colleferro.

A queste società ed imprenditori “molto affidabili per garantire la salvaguardia dell’ambiente” (Cerroni, AMA, ACEA) Marrazzo ha affidato, “sotto ricatto per le foto con i trans” e con una illegale trattativa privata, l’inceneritore di Albano.

Leggi: Il decreto di citazione in giudizio

domenica 13 giugno 2010

Grazie a Manlio Cerroni, Lazio da quarto mondo

Rapporto rifiuti ISPRA, Lazio da quarto mondo
Articolo tratto dal blog Energia-Ambiente

Il problema ha più accenti. E' chiaramente politico, per la manifesta incapacità degli amministratori regionali (ed in molti casi provinciali e locali) succedutisi negli ultimi 15 anni, di trovare una congruente politica di uscita dal tunnel rifiuti. Ciò, soprattutto con la spedita andatura europea che ha riformato il settore fissando linee guida molto importanti nel trattamento, nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Confine labile quello politico, perchè si passa immediatamente all'analisi economica di una querelle che non arriva a trovare soluzione ed è destinata (nel Lazio, nel medio-lungo termine) a rimanere problematica. Forse, addirittura, soprattutto per la nostra regione avviene il percorso contrario, dove la lobby di discariche e termodistruttori incide a prescindere, a monte, ogni scelta amministrativa.

Lo smaltimento attuato in questi decenni, infatti, è figlio di una gestione inadeguata dal punto di vista della comunità e adeguatissimo per ciò che attiene alla speculazione economica. Presto la vera emergenza rifiuti potrebbe esplodere anche nel Lazio, portando con se, uno dopo l'altro, tutti gli altri lati della vicenda: l'impatto sanitario di un piano rifiuti mal strutturato con siti autorizzati in modo poco trasparente, il problema inerente la civiltà di una regione che brucia, che interra ed infine, l'inscindibile dipendenza politica dal sistema di gestione monopolista.
La situazione appare grave e solo in presenza di scelte coraggiose, di fondi distratti alla termodistruzione e reimpiegati verso il recupero di materia unito ad un sostanziale scollamento politico - gestorio, solo così nella Regione Lazio si potrà pervenire a scelte maggiormente perequate in chiave di sostenibilità ambientale, economica e sanitaria. Il Lazio porta l'86% del monte rifiuti (meglio specificato negli articoli sotto) in discarica, Roma esercita una pressione estrema esternalizzando i suoi problemi fuori dal proprio territorio. La capitale, la Regione Lazio non conoscono la parola raccolta differenziata, questo evidenzia come la situazione vada lentamente verso livelli di drammaticità assoluta, dove le discariche lavoreranno ancora per moltissimi anni che ne dicano politici e gestori del mondo rifiuti.

In questo quadro, con simili volumi di produzione di tal quale, sebbene la politica a più livelli continui a premere per scelte inutili proprio per non toccare il monopolio delle discariche, appare del tutto superfluo anche l'inceneritore di Albano. Impianto che appariva inutile già prima del rapporto rifiuti dell'Ispra, ma che ora assume estremi connotati speculativi e non di interesse pubblico.

Quest'impianto "vanta" infatti un iter autorizzativo ai limiti della decenza e pur di essere approvato l'ente Regione Lazio (e non solo) ha esibito il lato peggiore della politica che amministra nel teorico interesse pubblico.

Da molti profani tale impianto è visto come la panacea al problema delle discariche e rifiuti nel Lazio, cosa che ovviamente non è; dai molti coinvolti per interesse diretto, invece, è stato definito come l'impianto scaccia emergenza.

In realtà, partendo da un presupposto fisico dove la termodistruzione del Cdr non elimina alcun tipo di rifiuto bensì semplicemente lo moltiplica trasformandolo, si perviene anche alla banalissima conclusione che stante, appunto, i numeri prodotti dall'ultimo rapporto rifiuti dell'ISPRA, l'inceneritore di Albano e dei Castelli Romani non servirà a niente.

E questo è giusto che lo sappiano anche gli organi amministrativi chiamati a decidere il futuro di questo inceneritore. Il Lazio ha numeri da trattare di una "caratura" tale che vanno ben oltre l'inutile e dannosa scelta della termocombustione, superando per giunta le oltre 160.000 tonnellate di Cdr. Ma, soprattutto, la regione amminsitrata da Renata Polverini è zeppa di tal quale e, appunto, non ha Cdr.

Attualmente resta pendente un piano rifiuti commissariale che ha concentrato le forze su di un impianto ora più che mai del tutto inutile ed il cui iter non è mai passato al vaglio del precedente consiglio regionale.

Il Lazio si avvicina all'emergenza rifiuti per una vera mancanza di volontà atta ad evitare tale crisi. Il problema che si pone non è quello delle infrastrutture, peraltro obsolete se parliamo ancora di discariche e gassificatori, il problema che si pone è di gestione. Se non si risolve tale problema riconducendo il monopolio ad un sistema almeno moderato di conduzione, dove più attori possono recitare la loro parte e dove il potere politico-amministrativo riesca a mettere in campo decisioni concrete e svincolate, l'emergenza sarà prossima. Occorre quindi ricalibrare l'intera struttura di controllo e comando, partendo dall'assunto che chi ora detiene questo controllo, facendo si che Roma ed il Lazio conferiscano nelle proprie discariche l'86% dell'intero stock rifiuti e presentando l'obsoleto (inceneritori) come il nuovo, non sarà certo incline a tali decisioni.

Servono appunto scelte coraggiose.

In ballo non ci sono solo miliardarie baronie, c'è il futuro territoriale e sanitario di un'intera città e di un'intera regione per almeno i prossimi 30 anni. Il problema di emergenza dunque è prima ancora un problema di legalità con accenti politico-economici da dirimere, pena il limbo del quarto mondo, territori devastati e cittadini malati, il tutto consapevolmente.Regione Lazio ancora da record con risultati al limite del sottosviluppo economico, sanitario e di civiltà per ciò che attiene la gestione, il trattamento e la produzione di rifiuti solidi urbani. La nostra Regione “vanta” due record: il primo riguarda livelli di raccolta differenziata estremamente bassi, il secondo concerne lo stock del monte rifiuti conferito in discarica, ben l’86 % (leggete bene, l’ottantasei per cento).

Questi numeri da delirio civile non sono certo frutto del caso.

Rappresentano in primis il risultato della oggettiva “maggiore” competenza sbandierata in un famoso video dall’ex assessore con delega ai rifiuti, Mario Di Carlo, ma è chiaro come il problema risieda anche altrove e cioè in una filiera rifiuti completamente distorta nella sua gestione.

Finchè i cittadini e le istituzioni si confronteranno con monopolisti assoluti delle discariche e degli inceneritori del calibro di Manlio Cerroni, quest’ultimo non avrà mai interesse a riciclare e differenziare.

Il Lazio infatti è la Regione che annovera la discarica più grande d’Europa in mano ad un privato monopolista, sito che gli amministratori regionali e comunali (Roma) non riescono a chiudere da anni perchè in preda ai dictat dello stesso che esercita il bello ed il cattivo tempo.

L’ente Regione Lazio è l’istituzione che nell’ultimo commissariamento rifiuti ha concepito un piano rifiuti (Marrazzo) autorizzando l’inceneritore dei Castelli Romani senza gara d’appalto, viziando il procedimento autorizzativo con provvedimenti farsa e collocando (logicamente) l’impianto di termodistruzione all’interno dell’ennesima discarica del monopolista di cui sopra ed a cui sarà assegnata anche la gestione del paventato gassificatore.

Buche e bruciatori in nome della speculazione e del dramma sanitario autorizzato dagli organi istituzionali. Il Lazio ha la rotta segnata per i prossimi 30 anni, indirizzo garantito da Badaloni e Storace, rafforzato da Marrazzo e che Renata Polverini non sembra certo voler cambiare.

Nel Lazio la vera emergenza rifiuti è quella che stanno creando, si brucia, si interra e non si differenzia, la “civiltà” prima di tutto.

venerdì 11 giugno 2010

I 48 Sindaci soci di Gaia possono essere condannati dalla Corte dei Conti

La società pubblica GAIA, fiore all’occhiello di 48 Sindaci “inceneritoristi” del Lazio, è riuscita a farsi incriminare per ipotesi di truffa, frode e corruzione, emissione di fatture false, truffa ai danni dello stato e bancarotta fraudolenta.

In particolare, la storia della truffa di 30 milioni di euro per la discarica inesistente di Colleferro, con tanto di esibizione di “fatture false” dei lavori non eseguiti e di dichiarazioni bollate che era stata costruita a regola d’arte, fa impallidire anche Totò con la famosa vendita della Fontana di Trevi.

Di tutta la vicenda non si capisce perché la Commissione parlamentare e in particolare l’On. Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, abbiamo cercato di minimizzare (o meglio assolvere) le gravissime responsabilità dei 48 (quarantotto) Sindaci della zona?

Abbiamo chiesto un autorevole parere giuridico sul tema della responsabilità dei Sindaci, che di seguito pubblichiamo.

“Un orientamento giurisprudenziale, maturato rispetto ad eventi occorsi nel regime dei rapporti pubblici istituzionali/societari, ci avverte che il fatto stesso di ignorare volutamente i segnali di una possibile dissesto della gestione sociale di una partecipata del Comune è condotta suscettibile di dare luogo ad un comportamento negligente caratterizzato da colpa grave.

Tutto ciò è conseguenza del fatto che all’Ente locale compete l’onere di svolgere al meglio le proprie funzioni istituzionali – agendo con tutte le opportune cautele del caso – non solo nella gestione diretta della res publica, ma anche nell’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo delle società partecipate.

A conferma di quanto sopra, resta insuperata per eloquenza e chiarezza la sentenza della Corte dei Conti, sez. Lazio, del 10 settembre 1999, con la quale il Sindaco del Comune di Tivoli socio unico di "Acque Albule SpA", viene condannato per mancato esercizio di azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori della società resisi responsabili di comportamenti illegittimi ed illeciti, nonché della violazione delle regole di gestione (efficienza, economicità ed efficacia) cui deve uniformarsi l'azione di qualsiasi amministrazione pubblica o privata.

L'obiettivo della Corte in tale occasione era quello di affermare la responsabilità del Sindaco del Comune socio, che avrebbe dovuto verificare l'andamento della gestione della società, esercitando, ove necessario, i propri poteri dell'azionista di controllo.

In altre parole ciò significa che, in presenza di segnali gravi e certi che indichino pressanti difficoltà economico – finanziarie, pregiudizievoli al regolare funzionamento di una società partecipata, il funzionario e l'amministratore pubblico hanno il dovere di vigilare sull'andamento della relativa gestione, nonché l’onere di intraprendere tutte le iniziative in loro potere, utili per agevolare al meglio il ripristino della normale e corretta gestione societaria, con la messa in atto degli idonei rimedi correttivi”.

Morale della favola, i 48 Sindaci dei Comuni soci di GAIA avrebbero dovuto controllare l’andamento della gestione della società.

Anche la Corte dei Conti dovrà indagare su questa gravissima vicenda.

mercoledì 9 giugno 2010

L'allarme dei carabinieri "Sui rifiuti un oligopolio"

Rapporto alla commissione bicamerale presieduta da Pecorella
«Non c'è concorrenza, i cittadini pagano un prezzo salato»
Corriere della Sera Roma di sabato 5 giugno 2010
di Fulloni Alessandro

Una discarica, quella di Malagrotta - «la più grande d'Europa» - che ha raggiunto «livelli di avanzata saturazione. «Analogo disagio» si registra negli altri 5 bacini della provincia di Roma, anche questi «prossimi» al riempimento definitivo.

E ancora: una raccolta rifiuti che nel Lazio è dominata da «un oligopolio che non favorisce la concorrenza» e che «incide sui prezzi».

La strategia di impiegare i termovalorizzatori, inoltre, «non rappresenta lo soluzione migliore».

Questo perché, in sintesi, tra raccolta e smaltimento occorre più energia di quella prodotta dalla trattazione della spazzatura.

Non bastasse: «il 30 per cento di quanto viene bruciato resta cenere, con evidenti ricadute negative sia sul piano igienico che sanitario».

Nero su bianco, è quello che scrivono i carabinieri del comando proinciale di Roma in un rapporto inviato il 18 maggio alla commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti presieduta dal deputato Gaetano Pecorella.

Il dossier, arrivato assieme a quelli della Guardia di Finanza e della Questura, finirà nella relazione sul Lazio che entro luglio sarà ultimata da Candido De Angelis e Antonio Rugghia, rispettivamente senatori del Pdl e del Pd.

Dalle audizioni di prefetti, questori e magistrati sta emergendo uno scenario sconcertante di truffe allo Stato, distrazioni di fondi Ue, precari controlli ambientali. E adesso c'è anche questa relazione dei carabinieri che lancia l'allarme sulle discariche romane prossime alla saturazione. Con il rischio che presto l'immondizia resti a marcire per strada come a Napoli.

La disamina tracciata dagli esperti ambientali dell'Arma è impietosa.

Nel Lazio la gestione dell'immondizia è «commissariata a fasi alterne dal 1999». Però non è «mai stata data concreta attuazione alla direttiva Ue» che prevede la riduzione e il recupero dei rifiuti quale scelta prioritaria rispetto allo smaltimento in discarica e all'incenerimento». Cioè i sistemi che restano indigesti al verde e all'atmosfera.

In sostanza non si fa la differenziata e per questo «nella Capitale e nella Regione l'86 per cento del monte rifiuti» finisce nei bacini di raccolta a cielo aperto. Spazzatura «tal quale» - cioè quella buttata nei secchioni - che non diventa cdr, il combustibile da rifiuto «ridotto e trattato» che dovrebbe alimentare in modo esclusivo i termovalorizzatori su cui ha scommesso la Regione.

Sono i due impianti a Colleferro, quello di San Vittore, il gassificatore inaugurato a Malagrotta un anno fa e il quinto impianto in «predicato di realizzazione - scrivono i carabinieri - a Cecchina», vicino Albano.

Ma proprio a Colleferro le indagini del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno rivelato come nell'inceneritore siano stati bruciati copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni e filtri di industrie chimiche senza alcun controllo sulle esalazioni finite nell'aria.

Non solo. In altre audizioni gli investigatori hanno riferito di «sistematica» trasformazione, avvenuta con certificazioni false, di normale spazzatura nell'ecocombustibile destinato ai termovalorizzatori il cui costosissimo trattamento è premiato con soldi pubblici.

Proprio il business privilegiato dall’oligopolio.

Se nel Lazio sparisce il cdr, presunto o reale, «viene meno il meccanismo» dietro al quale si celano «cartelli, intermediari, guadagni», ha chiarito un ufficiale del Noe alla commissione.

«Ma il tutto comporta un costo enorme per i cittadini».

lunedì 7 giugno 2010

La società pubblica GAIA e i 48 sindaci ladroni

Dalle audizioni della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” emergono scenari inquietanti sulla gestione dei rifiuti nel Lazio.

Al centro dell’attenzione è sempre GAIA, la società pubblica di proprietà di 48 comuni dei Castelli Romani e della zona di Frosinone.

La società pubblica GAIA, fiore all’occhiello di 48 Sindaci del Lazio, è riuscita a farsi incriminare per ipotesi di truffa, frode e corruzione, emissione di fatture false, truffa ai danni dello stato e bancarotta fraudolenta.

In particolare, la storia della truffa di 30 milioni di euro per la discarica inesistente di Colleferro, con tanto di esibizione di fatture false dei lavori eseguiti e di dichiarazioni bollate che era costruita a regola d’arte, fa impallidire anche Totò con la famosa vendita della Fontana di Trevi.

Ma sentiamo il racconto del dottor Giuseppe Travaglini, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri: “Da lì è iniziato un approfondimento, in modo particolare su alcuni finanziamenti riguardanti la costruzione della seconda discarica a Colleferro. Questa seconda discarica - che è stata finanziata per oltre 30 milioni di euro nel 2004 e che risulta dalle dichiarazioni del legale rappresentante della società già in opera e completamente edificata nel 2005 - oggi a Colleferro non esiste. Per la verità, non esiste neanche il progetto esecutivo di quella discarica. Non esiste assolutamente niente. Eppure, sono state giustificate spese per circa 30 milioni di euro, tramite esibizione di fatture”.

Ma che ruolo hanno avuto in questa vicenda i 48 Sindaci proprietari di GAIA?

La senatrice Daniela Mazzuconi non ha dubbi: i 48 Sindaci non potevano non sapere.

“Siamo in presenza di una società che è stata definita pubblica. O meglio, di una società di diritto privato, che ha soci pubblici.Le chiedo se sia possibile che nella vicenda narrata ci si possa trovare di fronte solo a questioni legate all'amministratore delegato e ad alcuni consiglieri (neanche a tutti, perché alcuni avevano un potere limitato, la cui natura non è ben chiara). Esiste un' assemblea di soci che, normalmente, secondo gli statuti, ha una qualche responsabilità sia nell'indicare le politiche della società, sia nell'approvare i bilanci e quant'altro.Mi chiedo se sia possibile che i soci fossero completamente all'oscuro. Non conoscendo quella realtà territoriale, immagino che, o siamo di fronte a soci assolutamente incompetenti e incapaci di cogliere quanto veniva detto, cioè che sussistevano falsi così palesi per cui i soci stessi avrebbero dovuto costituirsi contro i propri amministratori, oppure si deve ipotizzare una qualche responsabilità, non solo di natura politica, in capo almeno a una parte dei soci. Questi ultimi, pur essendo soggetti pubblici, avevano infatti nominato quel consiglio d'amministrazione e quell'amministratore delegato.Questa considerazione, che vale per tutti gli altri aspetti di questa vicenda e non solo per quello odierno, mi comincia a risuonare in testa e nel cuore troppo spesso”.

E’ ora di cominciare a pubblicare i nomi e le responsabilità dei 48 Sindaci “inceneritoristi” dei
Castelli Romani e della zona di Frosinone.

Perchè Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, non dice nulla sul ruolo indecente tenuto da 48 (quarantotto) Sindaci della zona?

La vicenda di GAIA dimostra che il sistema dell’incenerimento è “un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena”.

Nel Lazio non si produce CDR, ma Marrazzo ha previsto 12 linee di incenerimento (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore, tre ad Albano).

E’ possibile che una scelta così pericolosa, che espone la Regione ad un aumento esponenziale di reati e di illegalità, sia stata presa da una sola persona, tra l’altro sottoposta a continui e ripetuti ricatti per storie di trans e di filmini porno?

E’ ora di sottoporre a referendum questa scelta immorale al fine di incenerire il Piano Marrazzo sulla gestione dei rifiuti.

Leggi l'Audizione del dottor Giuseppe Travaglini, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

sabato 5 giugno 2010

Carta e plastica nel traffico di rifiuti con la Cina e negli inceneritori

Le audizioni della “Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti” aprono una panoramica incredibile sulla gestione dei rifiuti in Italia e, soprattutto, nel Lazio.

Un vero peccato che quando l’audizione si fa interessante, la seduta diventa segreta.

Due sono i temi più importanti esaminati dalla Commissione: le illegalità commesse con gli inceneritori di Colleferro, di proprietà pubblica di 48 sindaci “inceneritoristi”, e l’illegalità del traffico dei rifiuti con la Cina, denunciate dal Questore di Roma nell’audizione del 25 maggio 2010.

Con riferimento agli inceneritori, nelle audizioni è emerso che nel Lazio non c’è il CDR (il Combustibile da Rifiuti): “Allo stato non esistono impianti di CDR tali da supportare l'alimentazione «Lazio su Lazio» di tutte queste linee”.

Allora, perché costruire nel Lazio 12 linee di incenerimento (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore e due o tre ad Albano).

A Colleferro l’AMA, altra società pubblica del Sindaco di Roma Alemanno, conferiva copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni, umido e altro anziché CDR.

Il CDR è la parte secca dei rifiuti ed è costituita in prevalenza da carta e plastica.

Ma quale sarà mai il senso di bruciare la carta e la plastica in un inceneritore?

Per comprendere bene questa stranezza, è illuminante l’audizione del Dott. Giuseppe Peleggi, Direttore dell’Agenzia delle Dogane.

Dalla sua relazione è emerso che le esportazioni di merci catalogate come avanzi, ritagli e scarti sono per il 48% carta e per il 5% plastica; le parti di auto sono solo il 28%, il ferro e l’acciaio il 5%, il rame il 4%.

Nell’immaginario collettivo, la Cina viene vista come il Paese che cerca di accaparrarsi tutte le “Materie Prime Secondarie” per garantire la sua crescita economica.

Invece, dai dati pubblicizzati dall’Agenzia delle Dogane emerge che la Cina è particolarmente interessata alla nostra carta e alla nostra plastica?

La risposta al quesito emerge con chiarezza dall’audizione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane:

“… Non abbiamo mai trovato la mondezza «vera» dentro ai container in uscita”.

“… L’ampiezza del flusso di carta comporta complesse attività di analisi poiché il rischio di violazione ambientale legato alla carta è che essa venga esportata mescolata ad altri materiali, costituendo quindi un rifiuto. In alcuni casi, per esempio, è stato accertato l’utilizzo di avanzi di carta come materiale assorbente per l’eliminazione fraudolenta di scarti di lavorazione chimici in forma liquida”.

“ … non si trattava di cascami o avanzi di lavorazione, direttamente impiegabili in un processo industriale per la fabbricazione di prodotti con la stessa materia prima, bensì di prodotti misti per la presenza di sostanze e materiali estranei ai processi di riciclaggio della plastica e non adeguatamente trattati”.

“… lavoriamo su casi in cui il PET esce con il materiale plastico inquinato, presumibilmente arriva in un altro Paese, dove questo materiale plastico inquinato (i teloni agricoli e il PET raccolto dalla differenziata) viene fuso tutto assieme e trasformato in bottiglie di plastica, che tornano nel nostro frigorifero”.

“… I controlli effettuati hanno consentito di intercettare e sottoporre a sequestro più di 2.400 tonnellate di rifiuti stipati in 100 container, composti per più del 95 per cento da carta da macero e per la restante parte da plastica, supporti magnetici, apparati elettronici fuori uso e alluminio incenerito, e identificando tredici aziende i cui legali rappresentanti sono stati denunciati alle competenti autorità giudiziarie”.

“… Nella maggioranza dei sequestri effettuati dagli uffici delle dogane, i controlli fisici e le analisi di laboratorio condotte dalle ARPA e dai laboratori chimici dell’Agenzia delle dogane, hanno accertato la presenza di sostanze chimiche non ammesse, facendo ipotizzare i delitti di traffico illecito di rifiuti, poiché le spedizioni non avevano subito il trattamento o la bonifica dichiarata”.

Questo è il CDR (carta e plastica inquinate) che alimenterà le 12 linee di incenerimento del Lazio (tre a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore e due o tre ad Albano)?

Parole sante quelle della senatrice Daniela Mazzucconi in merito agli inceneritori: “Si tratta di un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena”.

Speriamo, infine, che Marrazzo dica finalmente la verità: perché le autorizzazioni per l’inceneritore di Albano è stata data in tutta fretta il 13 agosto 2009 e per l’inceneritore di Malagrotta il 18 agosto 2009, mentre l’ex Governatore era sotto ricatto per le famose foto?
Quando finirà questa scia di sangue?

Leggi con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc: audizione del Dott. Giuseppe Peleggi, Direttore dell’Agenzia delle Dogane.

venerdì 4 giugno 2010

Viaggio nelle attività illecite del ciclo dei rifiuti della Regione Lazio (seconda puntata)

Continua il viaggio nelle audizioni alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”.

Nella seconda puntata pubblichiamo il testo dell’audizione del capitano Pietro Rajola Pescarini, Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma.

In questa puntata si parla dell'attività di indagine del NOE in merito agli inceneritori di Colleferro, coordinata dalla procura di Velletri.

Dall’indagine del NOE sono scaturite nella province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno 13 ordinanze di custodia cautelare e 25 avvisi di garanzia per reati importanti, quali l'associazione a delinquere, l'attività organizzata per il traffico illecito dei rifiuti, falso ideologico, truffa aggravata ai danni dello Stato, favoreggiamento, violazione dei valori limite di emissione in atmosfera, accesso abusivo a sistemi informatici.

Questo è il frutto del sistema di gestione dei rifiuti organizzato per la Regione Lazio da Marrazzo.

L’ex Presidente della Regione Lazio è stato miseramente sbugiardato durante tutta l’audizione.

Antonio Rugghia: “È stato detto dal Presidente Marrazzo che, sulla base della convenzione sottoscritta nel 2006 con i NOE, sono stati attivati una serie di controlli, sulla base di informazioni fornite dalla Regione Lazio, che hanno portato a diverse indagini, tra cui questa”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Assolutamente no”.

Il Presidente Gaetano Pecorella: “Mi pare che si debba domandarle se, specificamente, la Regione Lazio vi abbia rappresentato il problema Colleferro, per cui l'indagine è partita da tale segnalazione”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Assolutamente no … Questa indagine è iniziata perché un dipendente dell'impianto, tale Celli, ha voluto sporgere denuncia. Siamo andati a parlare con il dottor Cirielli, che ci ha dato la delega e così abbiamo iniziato un'attività riservatissima, che si è conclusa con gli arresti”.

Anche l’AMA di Alemanno ha fatto un figurone nel corso dell’audizione.

Infatti, dall’audizione del Comandante del NOE è emerso che:
“… Secondo elementi probatori e dati certi, che hanno retto anche al di fronte al GIP e al tribunale del riesame, l'impianto AMA di Roma conferiva copertoni, coltelli da cucina, forchette, panni, umido e altro anziché CDR”.
“… Dalle indagini svolte, il materiale che l'AMA conferiva all'impianto di Colleferro non era CDR, tant'è vero che anche il responsabile dell'impianto AMA è stato tratto in arresto”.
“… Il materiale conferito era spacciato per CDR, ma non era accompagnato dalle analisi previste dopo la decantazione, né da quelle settimanali, era accompagnato da analisi false”.
“.. Il materiale spacciato per CDR e conferito negli impianti faceva saltare i limiti di emissione in atmosfera previsti dal Consorzio Gaia ed in remoto, dalla Toscana, si provvedeva a far rientrare i limiti nella norma in modo informatico.
Sono stati arrestati anche i responsabili del laboratorio informatico in seguito al reperimento di elementi probatori continuati nel tempo. Nel corso di un anno, in modo continuativo e sistematico, sono state raccolte prove di reato, fino a pochi giorni prima dell'arresto”.

Nell’audizione è stato fondamentale il contributo del commissario Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, nel conteggio, clamorosamente sbagliato, degli impianti di incenerimento nel Lazio.

Antonio Rugghia: “Le domando specificamente se nel Lazio ci sarebbe la possibilità di mantenere in funzionamento cinque linee di termovalorizzazione attraverso gli impianti che producono CDR”.

Pietro Rajola Pescarini (Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma): “Le linee sono più di cinque. Infatti, tre dovrebbero partire a Malagrotta, due a Colleferro, tre a San Vittore (dove stanno già usando la terza) e due o tre ad Albano. Quindi, si tratta di 11 o 12 linee.
Allo stato non penso ci siano impianti CDR tali da alimentare 12 linee.
Allo stato non esistono impianti di CDR tali da supportare l'alimentazione «Lazio su Lazio» di tutte queste linee.”

Ma allora perchè fare 12 linee di incenerimento?

La senatrice Daniela Mazzucconi ha constatato amaramente che “Si tratta di un modello che genera spaventevoli costi per l'amministratore comunale e per i cittadini e che innesca una serie di reati a catena” e ha concluso con una terribile domanda: “Vorrei capire, in tutta questa vicenda che lei ci ha narrato, quale sia stato il ruolo delle province di questa regione”.

Si, anche noi vorremmo capire il ruolo della Provincia di Roma e del suo inutile Presidente Zingaretti.

Leggi ora con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc (questo blog potrebbe essere oscurato): audizione del dottor capitano Pietro Rajola Pescarini, Comandante del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Roma.

mercoledì 2 giugno 2010

Purtroppo la vera “Gomorra” è nel Lazio

Iniziamo oggi il viaggio nelle audizioni alla “Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti”.

Purtroppo la vera “Gomorra” è nel Lazio.

Un gigantesco impero del male inizia con la società pubblica GAIA, un consorzio di 48 comuni dei Castelli Romani e della Provincia di Frosinone che gestisce i due inceneritori di Colleferro, e finisce con il Coema, la società a maggioranza pubblica di Cerroni-Ama-Acea che vuole realizzare l’inceneritore più grande del mondo ad Albano.

Cominciamo con l’audizione del dottor Giancarlo Cirielli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.

Il suo racconto sull’indagine condotta è un susseguirsi di reati, truffe, ricatti, tangenti, raggiri, falsi documenti, manomissioni del sistema informativo di controllo, arresti, intercettazioni, indagati. Attori principali: la società pubblica GAIA e la società pubblica AMA. Comparse: 48 Sindaci “inceneritoristi” azionisti della società pubblica GAIA, gli enti pubblici (Regione, Provincia e Arpa) che non hanno effettuato i doverosi controlli.

Lo scandalo è tale che il Commissario Candido De Angelis ha dichiarato: “L'AMA, che è una società pubblica, come pubbliche sono le società che gestiscono i termovalorizzatori, equivale a parlare di noi, dello Stato. In tutto questo affare non riesco a vedere il lucro: l'AMA, che è Stato, raccoglie il CDR «fasullo» e lo conferisce a due termovalorizzatori pubblici, in cui si commettono ulteriori reati. Poi, due società pubbliche (una è un consorzio di ventiquattro comuni, l'altra è a metà tra un consorzio di ventiquattro comuni e il Comune di Roma) vendono elettricità a un terzo ente pubblico, cioè sempre allo Stato! L'AMA sapeva bene che non conferiva al proprio termovalorizzatore del CDR, bensì altra cosa.”

Nell’audizione è stato fondamentale il contributo del commissario Antonio Rugghia, autorevole senatore dei Castelli Romani, che rivolto verso il Dott. Cirielli ha dichiarato: “Non ho, francamente, alcuna domanda da porle”.

Leggi ora con attenzione tutta l’audizione e scaricala sul tuo pc (questo blog potrebbe essere oscurato): l’audizione del dottor Giancarlo Cirielli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Velletri.